BULLISMO E PREVENZIONE 


Il fenomeno del bullismo può essere definito come "un'azione che mira deliberatamente a fare del male o a danneggiare; spesso è persistente ed è difficile difendersi per coloro che ne sono vittima" (Sharp e Smith, 1995). Alcune azioni offensive possono essere perpetrate attraverso l'uso delle parole, per esempio minacciando od ingiuriando; altre possono essere commesse ricorrendo alla forza o al contatto fisico, per esempio picchiando o spingendo. In certi casi le azioni offensive possono essere condotte anche senza l'uso delle parole o del contatto fisico: beffeggiando qualcuno, escludendolo intenzionalmente dal gruppo o rifiutando di esaudire i suoi desideri. Per parlare di bullismo è necessario che vi sia un'asimmetria nella relazione. Si può distinguere una forma di bullismo diretto, che si manifesta in attacchi relativamente aperti nei confronti della vittima, e di bullismo indiretto, che consiste in una forma di isolamento sociale ed in una intenzionale esclusione dal gruppo. Per quanto riguarda la manifestazione degli atti di bullismo si può affermare che la scuola è senza dubbio il luogo in cui questi si manifestano con maggiore frequenza, soprattutto durante l'intervallo e nell'orario di mensa, e nel tragitto casa-scuola. Le vittime sono solitamente più ansiose ed insicure, spesso caute, sensibili e calme. Se attaccati, reagiscono chiudendosi in se stessi o, se si tratta di bambini piccoli, piangendo. Molto spesso soffrono di scarsa autostima ed hanno un'opinione negativa di sé e della propria situazione. La caratteristica più evidente del comportamento da bullo è chiaramente quella dell'aggressività rivolta verso i compagni, ma molto spesso anche verso i genitori e gli insegnanti. I bulli hanno un forte bisogno di dominare gli altri vantando spesso la loro superiorità, data da un’erronea stima di se stessi. Inoltre si dimostrano spesso impulsivi (grosse difficoltà nel rispettare le regole) si arrabbiano facilmente e presentano una bassa tolleranza alla frustrazione. I programmi di intervento tendono a valorizzare,potenziare e promuovere conoscenze, competenze e abilità personali dei ragazzi . In questa prospettiva gli interventi di prevenzione del bullismo implicano la promozione di life skills, ovvero di capacità adattive e positive e il potenziamento di fattori di protezione con riferimento alle competenze individuali quali, appunto, lo sviluppo di un buon livello di autostima, la capacità di assumere uno stile comunicativo e comportamentale assertivi. Questi modelli coinvolgono i bulli e le vittime, genitori, scuola e agenzie educative presenti sul territorio e promuovono: 
• attività di counseling 
• mediazione dei conflitti 
• alfabetizzazione socio-affettiva 
• training di abilità empatiche per i bulli 
• training assertivi per le vittime

Condividi

LE LIFE SKILLS 


L’OMS pubblica nel 1993 il Documento “Life skills education in schools” che contiene l’elenco delle abilità personali e relazionali utili per gestire positivamente i rapporti tra il singolo e gli altri soggetti. 
La mancanza di tali skill socio-emotive può causare in particolare nei ragazzi e nei giovani, l’instaurarsi di comportamenti negativi e a rischio in risposta a stress. 
Le life skills sono costituite dalle seguenti abilità e competenze:


1. Decision making (capacità di prendere decisioni): competenza che aiuta ad affrontare in maniera costruttiva le decisioni nei vari momenti della vita. 

2. Problem solving (capacità di risolvere i problemi): questa capacità, permette di affrontare i problemi della vita in modo costruttivo. 

3. Pensiero creativo: saper esplorare le alternative possibili e le conseguenze che derivano dal fare e dal non fare determinate azioni. 

4. Pensiero critico: è l’abilità ad analizzare le informazioni e le esperienze in maniera obiettiva. 

5. Comunicazione efficace: sapersi esprimere, sia sul piano verbale che non verbale , con modalità appropriate rispetto alla cultura e alle situazioni. 

6. Capacità di relazioni interpersonali: aiuta a mettersi in relazione e a interagire con gli altri in maniera positiva, riuscire a creare e mantenere relazioni amichevoli che possono avere forte rilievo sul benessere mentale e sociale. 

7. Autoconsapevolezza: il riconoscimento di sé, del proprio carattere, delle proprie forze e debolezze, dei propri desideri e delle proprie insofferenze.
 
8. Empatia: è la capacità di immaginare come possa essere la vita per un’altra persona anche in situazioni che sembrano poco famigliari. 

9. Gestione delle emozioni:ossia il riconoscimento delle emozioni in noi stessi e negli altri. 

10. Gestione dello stress:consiste nel riconoscere le fonti di stress nella vita quotidiana, nel comprendere come queste ci “tocchino” e nell’agire in modo da controllare i diversi livelli di stress. 


L’OMS, con la promozione nelle scuole e nelle istituzioni formative non istituzionali, delle life skills, avvia una strategia di prevenzione attraverso processi di istruzione e di formazione, assumendone il concetto di salute del singolo come “stato di benessere psico-fisico e relazionale” in continua evoluzione.


Condividi

LA PREADOLESCENZA


La preadolescenza può essere definita come la condizione di chi non è più bambino ma non è ancora adolescente. De Pieri e Tonolo (1990) la definiscono «l’età delle grandi migrazioni», poiché in questo periodo i ragazzi si distaccano dal proprio corpo infantile, debbono ridefinire le loro relazioni rispetto sfera familiare per simbolizzarle nuovamente in una prospettiva autonoma, dando spazio e investimento affettivo al gruppo dei pari età e quindi confrontandosi con la sfera sociale. Sul piano della maturazione cognitiva è in questo periodo che gradualmente si passa dalla logica delle operazioni concrete a quella formale, conquistando così la possibilità di ridefinire a livello più astratto le diverse appartenenze in cui ci si trova coinvolti. La nozione di preadolescenza non ha tuttavia la diffusione delle nozioni di pubertà e adolescenza, almeno per quanto riguarda l'ambito psicologico. Essa, infatti, non è utilizzata da tutti gli studiosi del periodo evolutivo, anche se le tendenze attuali mostrano un allargamento del suo impiego da rapportarsi con le trasformazioni della società in cui viviamo e che impongono una ridefinizione dei periodi della vita umana. La psicologia dello sviluppo ha messo in rilievo da molti anni come non si possa parlare di un'unica adolescenza, poiché le caratteristiche variano in funzione di numerose variabili, quali l'età, il sesso, l'appartenenza socioculturale, etnica, geografica dei soggetti. Per quanto riguarda in particolare la variabile età, la constatazione di sistematiche differenziazioni fra gli individui di 11-14 anni e quelli di 15-18 anni ha portato numerosi ricercatori a parlare di prima e seconda adolescenza, e addirittura di adolescenza «intermedia»,intendendo una possibile età «cerniera» compresa fra i 15 e i 16 anni.

Condividi

IL GRUPPO IN ADOLESCENZA


A partire dalla prima adolescenza si può osservare un accentuarsi delle differenze tra i generi nello sviluppo delle relazioni sociali e della concezione morale . Per quanto riguarda lo sviluppo sociale, i maschi cominciano a frequentare gruppi di coetanei dello stesso sesso con interessi analoghi ai propri. Sono interessati sia al funzionamento delle cose, come le macchine e i modellini sia a tutto ciò che riguarda attività fisiche e motorie . Nelle ragazze, invece, si può riscontrare una notevole variabilità. Tendono ad avere amicizie molto forti che portano tuttavia molto spesso a rotture improvvise e dolorose. Generalmente le ragazze vivono il gruppo in modo differente dai maschi; mentre questi ultimi lo vedono come sostegno a un senso di ribellione verso l'autorità dei genitori, le femmine lo vivono più come un mezzo per formare relazioni personali importanti. Le differenze dal punto di vista sociale si riflettono anche sulla sfera della moralità. Il valore fondamentale per le relazioni tra le adolescenti è la fedeltà, mentre nei maschi risultano essere il rispetto e la fiducia tra i membri del gruppo. Tra le norme che regolano i rapporti all'interno di un gruppo, l’omertà e il non tradire sono le più significative per la maggioranza degli adolescenti, ma vengono considerate in maniera differente dai due sessi. Le femmine presentano una maggiore complessità nel giustificare la rottura o meno dell’omertà davanti ad un fatto grave che riguarda un membro del gruppo; le adolescenti considerano più importante che la collettività non sia punita per l’errore di un singolo . Per i maschi l’omertà è la regola fondante le relazioni all’interno del gruppo e quindi non può mai venire meno, perché in essa si rappresenta quanto i membri di un gruppo siano fedeli tra loro. Le femmine sembrano quindi considerare più importante la responsabilità individuale che ogni membro deve assumersi nei confronti degli altri appartenenti al gruppo sia per le azioni interne a esse sia per quelle riferite all’esterno. I maschi al contrario sembrano ragionare in termini di gruppo. Questo fatto può portare a un eventuale indebolimento del concetto di responsabilità personale all’interno del gruppo soprattutto in riferimento verso le azioni che si svolgono verso soggetti e autorità esterne .

Condividi

TORNA SU
Share by: